La conclusione di un percorso di terapia è un momento importante, tanto per il/la paziente quanto per il/la terapeuta: rappresenta il raggiungimento degli obiettivi prefissati nel lavoro insieme e l’acquisizione da parte della persona di strumenti utili per affrontare la vita in modo autonomo.
È anche un momento di separazione e saluto emotivo, a volte dopo un percorso che è durato anni, e quindi mette in gioco le nostre dinamiche di attaccamento.
La conclusione della terapia nell’Analisi Transazionale
In Analisi transazionale, la fine della terapia è un processo ben strutturato che coinvolge sia il/la paziente che il/la terapeuta in un dialogo continuo e consapevole.
La conclusione non è determinata da un numero prestabilito di sedute, ma dal raggiungimento degli obiettivi terapeutici concordati all’inizio del percorso, il cosiddetto “contratto”.
Questi obiettivi possono includere:
- il miglioramento della consapevolezza di sé,
- la risoluzione di conflitti interni e relazionali,
- la gestione dei propri stati emotivi,
- l’acquisizione di nuove strategie di reazione e fronteggiamento della realtà.
Il tempo di raggiungimento di tali obiettivi varia naturalmente da persona a persona e dalla storia che ciascuno porta nel percorso.
Quali sono i segnali che indicano la fine del percorso?
Alcuni segnali possono indicare che la terapia sta giungendo al termine, per esempio quando il/la paziente si sente in grado di gestire le proprie emozioni e relazioni in modo autonomo, sperimenta una stabilità emotiva e un benessere duraturo, ha una buona lettura del suo mondo interno e un dialogo interno positivo e accogliente, ha creato e sperimenta un attaccamento sicuro con il/la terapeuta.
È pronto/a quindi a separarsi e a proseguire in modo autonomo.
Anche di fronte a queste evidenze, la fine della terapia è comunque sempre un processo graduale e collaborativo, mai forzato dal/dalla terapeuta e di cui insieme si parla.
In che modo ci si accompagna verso la fine?
Nella fase finale del lavoro insieme, paziente e terapeuta rivedono gli obiettivi iniziali e valutano i progressi compiuti, riconoscendo e celebrando i successi ottenuti.
Si preparano alla separazione, discutendo eventuali timori o preoccupazioni riguardanti la fine del percorso terapeutico.
Pensano anche al futuro, per esempio concordando strategie per mantenere i progressi ottenuti e affrontare nuove eventuali difficoltà.
Infine, più sedute vengono dedicate a riflettere sull’intero percorso terapeutico, riconoscendo i cambiamenti positivi e rafforzando l’autoefficacia del paziente e il legame affettivo che si è costruito nel tempo.
Personalmente amo in chiusura chiedere alla persona di tornare indietro nel tempo, al primo nostro appuntamento e di descriversi come era la prima volta che è entrato/a in studio, e poi come è e come si sente ora.
È sempre un momento di consapevolezza ed emozione per i passi fatti e per l’evoluzione personale conquistata.
Per me un privilegio poter assistere alla fioritura delle persone e ai loro progressi.
Conclusioni
La chiusura della terapia è quindi un momento di grande importanza. In AT, questo processo è gestito con cura per assicurare che la persona si senta pronta e supportata nel suo percorso di crescita personale.
La fine della terapia non è un abbandono, ma un passaggio verso una nuova fase di autonomia e consapevolezza in cui paziente e terapeuta si salutano ma continuando ad esserci uno per l’altra, come in tutte le relazioni basate sull’autenticità e sul bene dell’altra persona.
Terminare una terapia, nel mio modo di lavorare, non significa non vedersi mai più: in ogni momento infatti la persona è libera di tornare anche per un solo incontro di confronto o ricominciare nuove tranche di sedute se ne sentirà il bisogno.
Il/la terapeuta è in altre parole una base sicura che sappiamo essere sempre lì ad ascoltarci e supportarci se ne avremo il bisogno.
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